L’acqua nella relazione genitore bambino
di Paola Greco Ostetrica
L’acqua offre la possibilità di creare una relazione con il proprio piccolo basata sull’esperienza del gioco, del rispetto e della novità dell’ambiente. Il mio lavoro con i bambini preferenzia proprio gli aspetti della relazione: per questo non ha schemi né programmi da seguire. Il genitore è sollecitato ad assecondare i tempi del bambino e il suo piacere. In questo modo le capacità del piccolo, qualsiasi età abbia, si possono esprime serenamente, senza forzature. Occorre tenere infatti presente che sono le modalità di come il genitore propone l’esperienza che permetteranno al bambino di creare il contatto con il mondo e, quindi, di accettarne le variabili. L’acqua è una di queste e la sua accettazione, e il modo in cui il bambino starà in acqua, dipenderà dalla disponibilità del suo accompagnatore a metterlo al centro di questa sua esperienza. Il genitore che accompagna il bambino in acqua è uno solo. L’altro sta lontano dalla vasca, proprio per facilitare la creazione di una maggiore intimità nella coppia che sta lavorando, e non metterla nello stress di dover dimostrare cosa sanno fare. Soprattutto nei primi mesi di vita, chi guarda da fuori non può valutare la qualità del lavoro che il bambino sta facendo, perché si tratta di un lavoro raffinato di adattamento. L’adulto ha un ruolo fondamentale. Il modo in cui si pone, il tono della voce, la sicurezza che trasmette con il contenimento, permettono al bambino di apprezzare l’immersione in acqua. È proprio perché l’acqua suscita nel bambino curiosità e voglia di sperimentare che quando il piccolo viene messo a suo agio prova qualcosa che non è certo nuotare, ma un misto di fiducia nel sostegno dell’altro e nelle proprie possibilità. L’accoglienza in acqua va molto curata, soprattutto le prime volte, cominciando dall’entrata sul bordo vasca, che è importante, perché il bambino non è abituato né a spazi grandi come quelli delle piscine, né al rimbombo dell’acqua e delle voci. Il fatto di essere in parte vestiti li rassicura. Perciò le madri si cambiano nello spogliatoio, mentre ai bambini vengono tolte solo le cose più grosse e sono denudati completamente sul bordo vasca, dove vengono apprestate delle zone adibite al cambio. I più piccoli hanno bisogno di un po’ più di tempo per familiarizzarsi con l’ambiente. Ai lattanti viene proposto il seno prima di immergersi: il latte materno ha una immediata digeribilità e il bambino ne può usufruire anche durante il bagno. Il genitore che accompagna il bambino in acqua entra per primo, da solo. Si deve abituare al cambiamento di temperatura, in modo che la sua esitazione nell’entrare non influenzi il bambino. Quando gli porgiamo il piccolo, lo abbraccia e comincia a spostarsi in acqua guardandolo negli occhi ed esprimendo la gioia di essere lì insieme. Il movimento e la carezza dell’acqua permetteranno al bambino di non avvertire il fresco come un brusco passaggio. Nei miei corsi i bambino si bagnano nudi. Questo permette loro di avere una sensazione globale del loro corpo, rafforzando la conoscenza di se stessi e il benessere. Infatti si sa che i bambini immersi in acqua a temperatura intorno a 31 gradi non hanno la dilatazione dello sfintere anale, per cui tengono la cacca spontaneamente.
Anche l’uscita dall’acqua deve essere curata. Il bambino viene avvolto in un grande asciugamano, ma non viene frizionato, perché tutti i movimenti che gli proponiamo sono dolci. Nei miei corsi arrivano bambini dai 50 giorni ai venti mesi, divisi per fasce di età, in modo da rispettare il più possibile la loro evoluzione psico-fisica. La prima fascia riguarda i bambini fi no a 3 mesi, la seconda dai 3 ai 10, la terza dai 10 ai 15, la quarta dai quindici in su. Nella mia esperienza ho visto che i bambini, per stare a proprio agio nell’acqua, hanno bisogni diversi a seconda dell’età, ma ritengo che per nessuno di loro sia necessario usare giocattoli o altri oggetti. Nei primi tempi i genitori mi chiedevano il perché di questa mia scelta: infatti ci sono piscine nelle quali galleggiano talmente tanti giocattoli che è difficile muoversi. Per i piccolissimi le cose essenziali sono non aver fame né freddo, avere un genitore che li sappia ben tenere a galla e sappia far cambiare loro posizione con maestria. Fondamentale è che non siano stanchi. In tutto questo la presentazione di un oggetto non aggiunge nulla. Nel secondo gruppo abbiamo bambini che già distinguono bene l’oggetto e cominciano a manipolarlo. Ma appena entrano in contatto con questo si fermano per osservarlo e l’attenzione, sia del bambino che del genitore, si sposta dall’acqua all’oggetto. Una grande quantità di oggetti provoca continuamente queste distrazioni. In questo modo il bambino viene privato delle qualità essenziali che l’acqua gli offre: la stimolazione cutanea, l’equilibrio e i facili cambiamenti di posizione, l’abbraccio totale del liquido e la coscienza della sua corporeità. I bambini che hanno un oggetto transferenziale se ne separano serenamente al momento in cui gli viene off erto di fare una nuova piacevole esperienza. Ciuccio, cencini, animali di peluche, vengono abbandonati senza alcun dispiacere sul piano vasca: il contatto pelle a pelle con il genitore infatti lo ripaga e lo soddisfa. Il più delle volte il giocattolo è un bisogno del genitore, quando è in difficoltà nel trovare modi nuovi per giocare e diventare lui stesso il gioco preferito del figlio. La mancanza di oggetti ha il vantaggio di centrare l’interesse della coppia genitore bambino sulla relazione e sul donare sicurezza e fiducia reciproca. Del resto è difficile tenere un oggetto in mano e fare giochi acquatici. I bambini dai 12 ai 15 mesi cominciano a conquistare la postura in piedi e devo dire che è proprio quella la cosa che interessa loro di più sperimentare. Nelle piscine fornite di scale larghe per scendere in acqua, approfitto dell’aiuto dei gradini per sperimentare l’alzarsi e il sedersi, il deambulare senza mani, scendere gli scalini … tuffarsi. La sperimentazione dell’equilibrio in acqua è molto divertente sia per i bambini che per i genitori. Nelle vasche dove non ho i gradini, lavoro con un tappeto con i buchi. Stare seduti su una superficie fluttuante, mette alla prova nel bambino il suo senso dell’equilibrio; quelli “più spericolati” ci gattonano sopra e lo adoprano per i tuffi . Nelle piscine da fisioterapia ci sono le sbarre che utilizzo in vari modi, ma fondamentale è la presenza attiva, gioiosa e propositiva del genitore, per cui anche il tappeto e la sbarra rimangono di importanza secondaria. A volte i genitori sono portati ad enfatizzare il lavoro in acqua, e lo interpretano sulla base di alcuni luoghi comuni. Per esempio, pensano che i bambini amino l’acqua perché la loro esperienza prima della nascita era acquatica. In realtà sono rari i bambini che mi arrivano dopo 50 giorni dalla nascita che amino avere l’acqua fra bocca e naso, e che sopportino con piacere una immersione più lunga di 3 o 4 secondi.
Qualsiasi proposta venga fatta al bambino parte dall’osservazione del suo gradimento e della sua disponibilità. Per esempio, il proporre le immersioni prima dei sette mesi viene a far parte di un gioco di condizionamenti che nulla ha a che vedere con le normali scoperte
L’acqua nella relazione genitore bambino che il bambino fa giorno dopo giorno. L’immagine del bambino delfino è accattivante nelle aspettative dei genitori, e molti vorrebbero tornare a casa, ogni fine lezione, per raccontare le gesta di un bambino con capacità eccezionali. Queste capacità ci sono e devono essere facilitate perché si possano esprimere in modo naturale, con i tempi del bambino. Nella relazione con i genitori questo è un obiettivo che ho sempre presente e il cui raggiungimento richiede un intenso lavoro di relazione mia con loro. Nei miei corsi non mi interessa sollecitare risultati che vengano raggiunti attraverso il condizionamento e l’allenamento. Preferisco utilizzare l’acqua per rafforzare il legame e la fiducia dei componenti della coppia, l’uno per l’altro; per i genitori poi è uno dei mezzi per comprendere qual è il ruolo migliore per poter accompagnare il loro bambino, sia nel porgere le esperienze, sia nel trovare gesti che siano rassicuranti e generatori di fiducia. La situazione acqua, infatti, è una novità sia per il bambino che per l’adulto che lo accompagna, che deve trovare in se stesso le motivazioni per fare questo tipo di esperienza. L’acqua diventa un luogo nel quale vengono messe in evidenza la possibilità di relazione che di solito l’adulto non sfrutta. Si possono osservare in acqua diversi comportamenti genitoriale che sono più evidenti perché delimitati dal tempo. Per esempio non sono rari i genitori che esigono un risultato evidente ad ogni lezione.
La coppia che entra in acqua è formata da un individuo per il quale tutto è nuovo e da un altro che ha già fatto le sue esperienze, e se le porta come un bagaglio dal quale non può prescindere. Spesso noto, soprattutto nei primi incontri, la tendenza a tenere il bambino in modo forte, per paura di non essere capaci di assecondare i movimenti e per paura di farlo cadere in acqua. Genitori più sensibili sentono le variazioni delle possibilità che ha il sostegno in acqua, ma avvertono anche il cambiamento del loro piccolo nella fiducia con l’acqua, e quindi variano la forza con cui lo tengono. Occorre imparare a sostenere senza trattenere, ad essere fluidi nel movimento come lo è l’acqua, lasciando che il bambino si muova libero e, nello stesso, tempo sentendosi sostenuto da mani delicate. È per questo che lavoro molto con i genitori affinché acquisiscano, soprattutto nelle spalle e nelle braccia, quella capacità e leggerezza che permetterà loro di essere armoniosi e rilassati. Li sollecito ad osservare la loro postura e anche a sperimentare il rilassamento insieme al bambino: osserviamo la respirazione per calmare la fretta; mettiamo nel lavoro l’espirazione sonora con le bolle, facciamo fontanelle con la bocca e le bolle nel contatto con il bambino. Cantiamo... i bambini sono affascinati dal canto. Facciamo variazioni di equilibrio con diversi modi di camminare. Un’esperienza di relazione tra l’adulto e il bambino come questa è difficile da documentare fotograficamente. I parenti che vogliono avere qualche ricordo possono per portare sul piano vasca cineprese e macchine fotografi che negli ultimi cinque minuti di lezione. Questo rappresenta il segnale che il lavoro è finito. Infatti il genitore cambia immediatamente atteggiamento, smette di essere parte della relazione perché vorrebbe riuscire a documentare tutte le cose che il bambino sa fare, qualche volta rischiando di forzarlo a dimostrare le sue capacità.
Nel corso dell’esperienza che facciamo insieme, i bambini prendono sempre più confidenza con l’acqua, e imparano a divertirsi. I loro genitori hanno la possibilità di provare a costruire la relazione con i loro bambini, dando loro fiducia, riconoscendo le loro risorse e imparando ad aspettare e assecondare la maturazione di comportamenti in un elemento totalmente nuovo e ricco di potenzialità di movimento, come è l’acqua.
di Paola Greco Ostetrica
L’acqua offre la possibilità di creare una relazione con il proprio piccolo basata sull’esperienza del gioco, del rispetto e della novità dell’ambiente. Il mio lavoro con i bambini preferenzia proprio gli aspetti della relazione: per questo non ha schemi né programmi da seguire. Il genitore è sollecitato ad assecondare i tempi del bambino e il suo piacere. In questo modo le capacità del piccolo, qualsiasi età abbia, si possono esprime serenamente, senza forzature. Occorre tenere infatti presente che sono le modalità di come il genitore propone l’esperienza che permetteranno al bambino di creare il contatto con il mondo e, quindi, di accettarne le variabili. L’acqua è una di queste e la sua accettazione, e il modo in cui il bambino starà in acqua, dipenderà dalla disponibilità del suo accompagnatore a metterlo al centro di questa sua esperienza. Il genitore che accompagna il bambino in acqua è uno solo. L’altro sta lontano dalla vasca, proprio per facilitare la creazione di una maggiore intimità nella coppia che sta lavorando, e non metterla nello stress di dover dimostrare cosa sanno fare. Soprattutto nei primi mesi di vita, chi guarda da fuori non può valutare la qualità del lavoro che il bambino sta facendo, perché si tratta di un lavoro raffinato di adattamento. L’adulto ha un ruolo fondamentale. Il modo in cui si pone, il tono della voce, la sicurezza che trasmette con il contenimento, permettono al bambino di apprezzare l’immersione in acqua. È proprio perché l’acqua suscita nel bambino curiosità e voglia di sperimentare che quando il piccolo viene messo a suo agio prova qualcosa che non è certo nuotare, ma un misto di fiducia nel sostegno dell’altro e nelle proprie possibilità. L’accoglienza in acqua va molto curata, soprattutto le prime volte, cominciando dall’entrata sul bordo vasca, che è importante, perché il bambino non è abituato né a spazi grandi come quelli delle piscine, né al rimbombo dell’acqua e delle voci. Il fatto di essere in parte vestiti li rassicura. Perciò le madri si cambiano nello spogliatoio, mentre ai bambini vengono tolte solo le cose più grosse e sono denudati completamente sul bordo vasca, dove vengono apprestate delle zone adibite al cambio. I più piccoli hanno bisogno di un po’ più di tempo per familiarizzarsi con l’ambiente. Ai lattanti viene proposto il seno prima di immergersi: il latte materno ha una immediata digeribilità e il bambino ne può usufruire anche durante il bagno. Il genitore che accompagna il bambino in acqua entra per primo, da solo. Si deve abituare al cambiamento di temperatura, in modo che la sua esitazione nell’entrare non influenzi il bambino. Quando gli porgiamo il piccolo, lo abbraccia e comincia a spostarsi in acqua guardandolo negli occhi ed esprimendo la gioia di essere lì insieme. Il movimento e la carezza dell’acqua permetteranno al bambino di non avvertire il fresco come un brusco passaggio. Nei miei corsi i bambino si bagnano nudi. Questo permette loro di avere una sensazione globale del loro corpo, rafforzando la conoscenza di se stessi e il benessere. Infatti si sa che i bambini immersi in acqua a temperatura intorno a 31 gradi non hanno la dilatazione dello sfintere anale, per cui tengono la cacca spontaneamente.
Anche l’uscita dall’acqua deve essere curata. Il bambino viene avvolto in un grande asciugamano, ma non viene frizionato, perché tutti i movimenti che gli proponiamo sono dolci. Nei miei corsi arrivano bambini dai 50 giorni ai venti mesi, divisi per fasce di età, in modo da rispettare il più possibile la loro evoluzione psico-fisica. La prima fascia riguarda i bambini fi no a 3 mesi, la seconda dai 3 ai 10, la terza dai 10 ai 15, la quarta dai quindici in su. Nella mia esperienza ho visto che i bambini, per stare a proprio agio nell’acqua, hanno bisogni diversi a seconda dell’età, ma ritengo che per nessuno di loro sia necessario usare giocattoli o altri oggetti. Nei primi tempi i genitori mi chiedevano il perché di questa mia scelta: infatti ci sono piscine nelle quali galleggiano talmente tanti giocattoli che è difficile muoversi. Per i piccolissimi le cose essenziali sono non aver fame né freddo, avere un genitore che li sappia ben tenere a galla e sappia far cambiare loro posizione con maestria. Fondamentale è che non siano stanchi. In tutto questo la presentazione di un oggetto non aggiunge nulla. Nel secondo gruppo abbiamo bambini che già distinguono bene l’oggetto e cominciano a manipolarlo. Ma appena entrano in contatto con questo si fermano per osservarlo e l’attenzione, sia del bambino che del genitore, si sposta dall’acqua all’oggetto. Una grande quantità di oggetti provoca continuamente queste distrazioni. In questo modo il bambino viene privato delle qualità essenziali che l’acqua gli offre: la stimolazione cutanea, l’equilibrio e i facili cambiamenti di posizione, l’abbraccio totale del liquido e la coscienza della sua corporeità. I bambini che hanno un oggetto transferenziale se ne separano serenamente al momento in cui gli viene off erto di fare una nuova piacevole esperienza. Ciuccio, cencini, animali di peluche, vengono abbandonati senza alcun dispiacere sul piano vasca: il contatto pelle a pelle con il genitore infatti lo ripaga e lo soddisfa. Il più delle volte il giocattolo è un bisogno del genitore, quando è in difficoltà nel trovare modi nuovi per giocare e diventare lui stesso il gioco preferito del figlio. La mancanza di oggetti ha il vantaggio di centrare l’interesse della coppia genitore bambino sulla relazione e sul donare sicurezza e fiducia reciproca. Del resto è difficile tenere un oggetto in mano e fare giochi acquatici. I bambini dai 12 ai 15 mesi cominciano a conquistare la postura in piedi e devo dire che è proprio quella la cosa che interessa loro di più sperimentare. Nelle piscine fornite di scale larghe per scendere in acqua, approfitto dell’aiuto dei gradini per sperimentare l’alzarsi e il sedersi, il deambulare senza mani, scendere gli scalini … tuffarsi. La sperimentazione dell’equilibrio in acqua è molto divertente sia per i bambini che per i genitori. Nelle vasche dove non ho i gradini, lavoro con un tappeto con i buchi. Stare seduti su una superficie fluttuante, mette alla prova nel bambino il suo senso dell’equilibrio; quelli “più spericolati” ci gattonano sopra e lo adoprano per i tuffi . Nelle piscine da fisioterapia ci sono le sbarre che utilizzo in vari modi, ma fondamentale è la presenza attiva, gioiosa e propositiva del genitore, per cui anche il tappeto e la sbarra rimangono di importanza secondaria. A volte i genitori sono portati ad enfatizzare il lavoro in acqua, e lo interpretano sulla base di alcuni luoghi comuni. Per esempio, pensano che i bambini amino l’acqua perché la loro esperienza prima della nascita era acquatica. In realtà sono rari i bambini che mi arrivano dopo 50 giorni dalla nascita che amino avere l’acqua fra bocca e naso, e che sopportino con piacere una immersione più lunga di 3 o 4 secondi.
Qualsiasi proposta venga fatta al bambino parte dall’osservazione del suo gradimento e della sua disponibilità. Per esempio, il proporre le immersioni prima dei sette mesi viene a far parte di un gioco di condizionamenti che nulla ha a che vedere con le normali scoperte
L’acqua nella relazione genitore bambino che il bambino fa giorno dopo giorno. L’immagine del bambino delfino è accattivante nelle aspettative dei genitori, e molti vorrebbero tornare a casa, ogni fine lezione, per raccontare le gesta di un bambino con capacità eccezionali. Queste capacità ci sono e devono essere facilitate perché si possano esprimere in modo naturale, con i tempi del bambino. Nella relazione con i genitori questo è un obiettivo che ho sempre presente e il cui raggiungimento richiede un intenso lavoro di relazione mia con loro. Nei miei corsi non mi interessa sollecitare risultati che vengano raggiunti attraverso il condizionamento e l’allenamento. Preferisco utilizzare l’acqua per rafforzare il legame e la fiducia dei componenti della coppia, l’uno per l’altro; per i genitori poi è uno dei mezzi per comprendere qual è il ruolo migliore per poter accompagnare il loro bambino, sia nel porgere le esperienze, sia nel trovare gesti che siano rassicuranti e generatori di fiducia. La situazione acqua, infatti, è una novità sia per il bambino che per l’adulto che lo accompagna, che deve trovare in se stesso le motivazioni per fare questo tipo di esperienza. L’acqua diventa un luogo nel quale vengono messe in evidenza la possibilità di relazione che di solito l’adulto non sfrutta. Si possono osservare in acqua diversi comportamenti genitoriale che sono più evidenti perché delimitati dal tempo. Per esempio non sono rari i genitori che esigono un risultato evidente ad ogni lezione.
La coppia che entra in acqua è formata da un individuo per il quale tutto è nuovo e da un altro che ha già fatto le sue esperienze, e se le porta come un bagaglio dal quale non può prescindere. Spesso noto, soprattutto nei primi incontri, la tendenza a tenere il bambino in modo forte, per paura di non essere capaci di assecondare i movimenti e per paura di farlo cadere in acqua. Genitori più sensibili sentono le variazioni delle possibilità che ha il sostegno in acqua, ma avvertono anche il cambiamento del loro piccolo nella fiducia con l’acqua, e quindi variano la forza con cui lo tengono. Occorre imparare a sostenere senza trattenere, ad essere fluidi nel movimento come lo è l’acqua, lasciando che il bambino si muova libero e, nello stesso, tempo sentendosi sostenuto da mani delicate. È per questo che lavoro molto con i genitori affinché acquisiscano, soprattutto nelle spalle e nelle braccia, quella capacità e leggerezza che permetterà loro di essere armoniosi e rilassati. Li sollecito ad osservare la loro postura e anche a sperimentare il rilassamento insieme al bambino: osserviamo la respirazione per calmare la fretta; mettiamo nel lavoro l’espirazione sonora con le bolle, facciamo fontanelle con la bocca e le bolle nel contatto con il bambino. Cantiamo... i bambini sono affascinati dal canto. Facciamo variazioni di equilibrio con diversi modi di camminare. Un’esperienza di relazione tra l’adulto e il bambino come questa è difficile da documentare fotograficamente. I parenti che vogliono avere qualche ricordo possono per portare sul piano vasca cineprese e macchine fotografi che negli ultimi cinque minuti di lezione. Questo rappresenta il segnale che il lavoro è finito. Infatti il genitore cambia immediatamente atteggiamento, smette di essere parte della relazione perché vorrebbe riuscire a documentare tutte le cose che il bambino sa fare, qualche volta rischiando di forzarlo a dimostrare le sue capacità.
Nel corso dell’esperienza che facciamo insieme, i bambini prendono sempre più confidenza con l’acqua, e imparano a divertirsi. I loro genitori hanno la possibilità di provare a costruire la relazione con i loro bambini, dando loro fiducia, riconoscendo le loro risorse e imparando ad aspettare e assecondare la maturazione di comportamenti in un elemento totalmente nuovo e ricco di potenzialità di movimento, come è l’acqua.